Al 9 di Conte Rosso #5
Claudia, o della Costituzione sul comodino - Giovani che non hanno nulla da dire - Il Sottochiosco di J.C.
Claudia
Prima di vederla, l’ho sentita. Un ticchettare sommesso, ma cadenzato, mi fa alzare gli occhi dal bancone, sulla via. Ha un bastone da passeggio, Claudia, dà un suono ai suoi passi. C’è un che di austero nel suo modo di camminare, come se tutto di lei – il suo mondo e come ha scelto di viverlo – si lasciasse spiegare semplicemente stando a guardarla. Nobile, di una nobiltà scelta e non ereditata.
Non è qui per comprare, lo capisco al volo.
“Buongiorno caro Alessandro, è da tempo che avevo il desiderio di farle visita”.
La destra le si scolla dal bastone e mi porge un plico di fogli. Sono fotocopie, saranno una cinquantina. Fotocopie di un giornale scritto a mano.





Claudia lascia alla curiosità il tempo di lievitare, se ne sta in silenzio sotto i battenti a cronometrare lo scorrere dei miei occhi sulle pagine.
“Sa, sono nata 89 anni fa. Da qualche tempo vivo qui, a Lambrate, nella Rsa Saccardo. Mi sento curata, accudita. Sono fortunata, perché ho conservato quel po’ di lucidità che serve a tenere la mente impegnata. Redigo un giornale, una cosa da nulla, che faccio circolare nelle stanze della casa di riposo. L’ho chiamato Ogni Tanto, e il nome parla da sé. I quotidiani sono il mio unico alimento: ne leggo quattro al giorno, li sfoglio e li risfoglio. Se trovo un articolo interessante, lo ritaglio e lo incollo su una pagina bianca. È così che nasce il mio giornale, da commenti a margine scritti a mano. D’altronde, appartengo ad altri tempi. Non ho social network, tengo spenta la televisione. Leggo, rifletto e scrivo. Un vizio, però, ce l’ho: la Costituzione dorme insieme a me”
Immagino il calar della sera nella stanza di Claudia. La penombra che ammorbidisce i colori, l’immacolato delle lenzuola, la notte che ruba i contorni alle cose. Una lampada è accesa sul comodino e getta luce su una copertina.
“Ogni giorno apro il libro senza badare a cosa andrò a leggere. Non mi interessa, perché tutti gli articoli sono insieme splendidi e imprescindibili.
Ricordarlo mi basta”.
Mentre parliamo, sono arrivato in fondo al plico di fogli. La calligrafia di Claudia traccia un percorso, è pendolare: si snoda dal centro ai margini, converge di nuovo e di nuovo si allontana. Da cima a fondo, ogni angolo è parola.
Passo dalle tragedie dei femminicidi ai numeri delle ultime elezioni, da una biografia di Giorgia Meloni a un editoriale di Vittorio Feltri, dalla crisi idrica nel Sud Italia a una lettera di denuncia indirizzata al ministro Matteo Salvini.
Un trafiletto, però, mi rapisce. Non che fosse diverso dagli altri, ma qualcosa nel bianco e nero della fotografia mi sa di familiare. Aguzzo lo sguardo sul titolo: “Coinvolgiamo tutta Lambrate per riaprire l’edicola e trasformarla nel cuore vitale del quartiere”.
Familiare, appunto. Il pezzo era apparso su Repubblica, a firma di Simone Mosca, prima che la nostra Aedicola riaprisse i battenti. Con un sorriso mi soffermo a leggere le parole di Claudia sulla costola destra della pagina:
“Questa idea ci coinvolge da vicino. Sto già pensando di fornire qualche copia del nostro giornalino, gratis si intende, già dall’apertura. Tanti auguri a chi tante utopie ha: tanti auguri a chi ancora coltiva sogni senza pensare ai profitti”.
Il sorriso mi si è allargato.
Alessandro Ghidini, l’Aedicolante
Giovani che non hanno nulla da dire
A cura della redazione del Giornalotto - Liceo Alessandro Volta, Milano
Ogni venerdì, in un’aula del secondo piano di uno dei più grandi licei scientifici milanesi, costantemente in testa alle classifiche di qualsiasi competizione di matematica e fisica, si riunisce un gruppo di ragazzi a cui di numeri e particelle non frega più di tanto: questa trentina di scappati di casa costituiscono l’anima del Giornalotto, il giornalino studentesco del Liceo Volta. Il Giornalotto nasce nel lontano (perdonateci il termine, non eravamo ancora nati) 2001, dall’iniziativa di alcuni ragazzi del collettivo studentesco che volevano creare un luogo di confronto per gli studenti del nostro liceo.
La contraddizione del nostro periodico si evince già dal nome: la leggenda narra che nasca dalla crasi del termine “giornale”, simbolo della voglia dei fondatori di impegnarsi socialmente e di dire la propria sul mondo dentro e fuori le mura della nostra scuola, e del termine “lotto”, riferito alla quantità di marijuana da assumere quotidianamente. Questa contraddizione vive ancora oggi nel nostro giornalino: sfogliando le sue pagine potrete trovare accanto ad un articolo sul più recente provvedimento del governo, una raffinata analisi poetica del testo di una canzone di Tony Effe o una rubrica sulla cucina sudcoreana.
Se ancora oggi il Giornalotto continua ad attirare così tanti studenti, che dentro anche al più demenziale degli articoli mettono impegno e passione, e se dopo più di vent’anni questo viene ancora riconosciuto come un’istituzione all’interno della nostra scuola, è perché fra i ragazzi c’è un’esigenza di comunicare, di scambiarsi opinioni, di confrontarsi su interessi comuni e di far sentire le propria voce; è l’opportunità per molti di entrare a far parte di una comunità in cui ognuno ha compiti e mansioni ben precise, avendo però la possibilità di avere peso in ogni decisione comune - si tratta insomma di un primo assaggio di quello che è il mondo degli adulti, senza la pressione di non poter fallire che è ormai un aspetto caratterizzante di quest’ultimo.
C’è è poi l’aspetto umano: noi “veterani” cerchiamo di fare in modo che ognuno si senta accolto all’interno della redazione e che possa trovare il proprio spazio. Sentire un ragazzo del primo anno dire che per lui il Giornalotto è come una famiglia, o vedere che una ragazza più giovane si rivolge a noi di quinta in un momento di difficoltà - quando per noi alla sua età gli studenti degli ultimi anni erano degli alieni inavvicinabili - ci fa sentire più vicini al nostro obiettivo: creare un gruppo che vada al di là del solo prodotto-giornalino. E forse è questo che oggi manca nel mondo…
Attraverso questo piccolo spazio vorremmo provare a mettere in contatto il nostro mondo con quello degli adulti, che tanto ci affascina e ci inquieta, unendo due universi che troppo spesso si isolano in compartimenti stagni. Questa collaborazione con Aedicola Lambrate, che nasce da un’esigenza di comunicazione, è per noi l’occasione di mostrarvi la nostra anima bipartita, contesa fra la voglia di cambiare radicalmente il mondo e quella di stare a guardare l’assurdità di questa nostra società. E perchè no, anche riderci su.
Se questo piccolo testo vi è sembrato confusionario state tranquilli, lo siamo anche noi. Ci sentiamo fra un mesetto, in attesa di schiarirci le idee.
Sottochiosco
L’attualità che passa di qua
Sanremo e altre cazzate
E anche quest’anno è arrivato Sanremo, tradizione italiana dal 1951. Una caratteristica del festival è che le canzoni commercialmente più di successo non arrivano quasi mai prime. Un caso eclatante è quello del sedicesimo festival, quello del ‘66, che vide arrivare seconda una delle maggiori e più longeve hit della nostra casco d’oro, Caterina Caselli: “Nessuno mi può giudicare”.
Difficili da scordare i due versi iniziali (cantateveli in testa mentre li leggete):
La verità mi fa male, lo so...
La verità mi fa male, lo sai!
E si sa, la verità fa spesso male e le viene preferita, con frequenza, una facile propaganda.
Vero in ogni tempo e in ogni parte del mondo, non è mai stato così vero e sistematico come nell’ultimo mese negli Stati Uniti quando si sono ascoltate la maggiore concentrazione, dimensione e varietà di cazzate dalla fine del secondo dopoguerra: il Golfo del Messico deve chiamarsi Golfo d’America, l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 è colpa di Hezbollah, il Canada deve farsi annettere dagli Stati Uniti, gli incendi di Los Angeles sono colpa dei pompieri neri, conquisteremo la Groenlandia e contestuale conio del motto Make Greenland Great Again, Hitler era comunista, il Canale della Manica si deve chiamare Canale George Washington, Biden voleva fare uccidere Putin (e il Cremlino ha smentito!), ripuliremo Gaza dai palestinesi, li accoglieranno Egitto e Giordania (che smentiscono), Musk fa il saluto nazista in pubblico (ma dice che si sgranchiva), l’Europa deve impiegare il 5% del PIL in spesa bellica, l’incidente aereo di Washington colpa della politica di assunzioni non discriminatorie e tante altre precedute qualche mese fa da una perla nel suo genere sugli haitiani che mangiano i gatti (presidente, sono i vicentini! Chiami la base americana, verifichi).
Tutte queste cazzate così grandi, assurde e concentrate nel tempo potrebbero essere dovute solo alla senescenza del nuovo presidente e alla stramberia del suo badante sudafricano? Forse, sì.
O forse potrebbero essere un’allegra trovata per farci ridere e dare adeguata copertura fumogena ai blitz dei difensori del popolo: tagli indiscriminati e profondi alla spesa pubblica (soprattutto sociale), licenziamenti mirati in massa di funzionari per ragioni politiche, espulsioni indiscriminate di lavoratori immigrati, minacce a vicini e alleati e tanta voglia di non turbare gli equilibri di potere reale con le politiche di drill, baby, drill che non si sono mai fermate e ripartiranno alla grande. Nonostante quello che anche il più disinteressato di noi sa bene: le estati sono più lunghe e calde, le precipitazioni sono sempre più irregolari, la neve sulle montagne diminuisce, i ghiacciai si sciolgono, i fiumi di tutto il mondo rimangono in secca per periodi sempre più lunghi e poi si riempiono di colpo con alluvioni sempre più devastanti, il ciclo dell’acqua si è alterato e i suoi influssi sugli ecosistemi biologici si fanno sempre più sentire.
Tutto lascia pensare, quindi, che le cazzate continueranno.
Dopo il festival del 1966, però, ci fu quello del 1967 e nessuno di noi ha dimenticato i versi dell’americaneggiante Little Tony dedicati al nostro cuore matto che sembrano, nella frustrazione di oggi, un monito del “piccolo Antonino”, moderno Davide, ai Golia che tante cazzate dicono e fanno:
Dimmi la verità, la verità
E forse capirà, capirà
Perché la verità
Tu non l'hai detta mai
Un cuore matto che ti vuole bene
E ti perdona tutto quel che fai
Ma prima o poi tu sai che guarirà
Lo perderai così lo perderai
J.C.
Io questi studenti del Volta li amo già.