Al 9 di Conte Rosso #2
L'apertura (quella vera), un sardo e l'arte alla macchina da scrivere
“Sono nata qui di fronte, al secondo piano. Era un quartiere vivace, Lambrate, pieno di negozi: ci svegliavamo con il profumo del pane e poi giù in strada a prendere il giornale. Ricordo la Domenica del Corriere di papà, e io che gli correvo dietro per comprare il Corriere dei Piccoli. Avevo sei anni, era il 1945”.
Oggi Virginia ne ha 85, di anni. Tutte le mattine passeggia per via Conte Rosso e fa una sosta davanti ai battenti dell’edicola, come se salutasse una vecchia amica. L’ha trovata aperta ultimamente, con me dentro a sbrigare le faccende di casa.
“Ce l’ha la Settimana Enigmistica?”.
No signora, non siamo ancora aperti. Stia tranquilla che arriviamo presto però.
Era più una promessa a me, a noi di Aedicola Lambrate, che a lei.
Già, abbiamo incassato qualche manrovescio burocratico, piantonato gli sportelli del comune con sfilze di moduli sotto il braccio, preso strigliate e qualche abbaglio.
Ora, però, ci siamo.
Sabato 25 maggio, di prima mattina, le saracinesche del chiosco di via Conte Rosso cigoleranno per la gioia. Sono solo un pulsante con una freccia in su e un paio di lucchetti, ma per me sarà come issare la bandiera sulle navi dei pirati di cui tutti abbiamo letto da piccoli.
Prego, signora Virginia, ecco la sua Settimana Enigmistica.
Un sardo in Conte Rosso: Davide Tocco e le sue Utopie Dattilotessili
Sabato non saremo “soli per la strada”, come cantava Battisti.
Seduto a bordo edicola, un’Olivetti Valentine sotto le dita, Davide Tocco metterà la sua arte a disposizione del quartiere dalle 10 di mattina fino all’imbrunire. Un’arte in cui, gli piace dire, è “inciampato”: cresciuto in Sardegna tra Iglesias e Villamassargia, la sua risposta al “cosa farò da grande” è stata per tanto tempo “l’architetto”. Prima al Politecnico di Milano e poi alla Bauhaus Univeritaet di Weimar, però, si accorge che il sapere, l’arte, non sono affari solo di testa ma anche di mani. E con le mani Davide si è inventato il suo futuro.
“Nel 2011 sono tornato in Sardegna, a casa dei miei genitori. Vivevo in soffitta, e lì ho allestito un primo studio dove dedicarmi a corsi di calligrafia. Le lettere, quelle mi affascinavano: le puoi scrivere ma anche disegnare, ricombinare in forme nuove. In fondo, la scrittura è una trama astratta, un intreccio”.
Poco dopo, al mercatino di Iglesias, Davide si imbatte in una macchina da scrivere. Un’Olivetti Dora, per la precisione. Oggetti dimenticati, le macchine da scrivere, rigurgiti di un mondo che fu e non è più. Anticaglie, direbbe qualcuno. Davide aveva i soldi contati.
“Ho svuotato le tasche, sembrava che l’Olivetti aspettasse proprio me. L’ho portata a casa e mi sono messo all’opera. Non avevo altra carta se non le confezioni della frutta e della verdura prese al mercato: la mia prima dattilotessitura è nata lì”.
Non dattilografia, ma dattilotessitura. Davide crea trame visive ticchettando sui tasti di una macchina da scrivere, il suo “telaio portatile con la carta come ordito”. Non scrive, non disegna, non tesse: fa tutto questo insieme, le sue composizioni come meticci grafico-linguistici. E al punto di intersezione, ancora una volta, c’è la madre terra Sardegna.
“Da bambino avevo un laboratorio tessile in cortile, sono cresciuto con il rumore dei telai. È un mestiere molto diffuso dalle mie parti, e molto radicato. Le mie prime creazioni si ispiravano proprio a motivi tradizionali, con linee intervallate da punti e simmetrie geometriche. Ho riprodotto più volte, per allenarmi, la trama della tipica bisaccia dei pastori sardi, e ho imitato la tecnica a “pibiones”, che significa “acini d’uva” perché è una tessitura a grani con piccoli nodi che sporgono dal tessuto. Alternare pieni e vuoti, come si fa sul telaio, è una forma di scrittura”.
E Davide un po’ scrittore lo è diventato.
L’editore indipendente Oreri, di base a Cagliari, ha notato il suo lavoro e ne ha tratto un volume dedicato, Utopie Dattilotessili, che è stato recentemente votato al Volumes Award di Zurigo come una delle quattro migliori autoproduzioni editoriali in gara. Davide lo sta portando in giro per l’Italia, e ha scelto di bussare alla saracinesca di Aedicola Lambrate.
Aedicola Lambrate ha risposto “non possiamo farcelo scappare”.
Alessandro Ghidini, l’Aedicolante
Prossimi appuntamenti
Venerdì 31 maggio, dalle 18 alle 20
Per gli instancabili masticatori di cruciverba della Settimana Enigmistica il cognome Bartezzaghi, dai tempi del famoso “Zanzibar” Piero, è come le etichette DOP: qualità assicurata. In Aedicola avremo il piacere di ospitare Stefano Bartezzaghi, giornalista e scrittore, che presenterà il suo ultimo libro Chi vince non sa cosa si perde, edito da Bompiani.
La passione di un edicolante è come il sole del mattino, portando sempre nuova speranza e informazione a chiunque si fermi davanti al suo chiosco, come un faro di conoscenza in un mare di quotidianità.
Ho incontrato Davide a Cagliari, durante Pazza Idea, felicissima di ritrovarlo vicino casa.