Aedicola, con la “A” davanti.
In tanti ci hanno chiesto il motivo: se la pronuncia è la stessa perché non chiamarsi direttamente “Edicola Lambrate”? No, non è uno sfizio retorico o una trovata da guru del marketing. Racconta una storia, questa “A”, e come ogni storia che si rispetti è un po’ nostra e un po’ di tutti.
Partiamo da lontano. Aedes, per i latini, era uno di quei nomi contenitore che fanno impazzire i liceali durante le versioni. A seconda del contesto, poteva voler dire “casa”, o “tempio”, addirittura “sepolcro”: sfumature diverse di una sola dimensione, quella dell’appartenenza. Aedicula, dal canto suo, che di aedes è il diminutivo, non cambiava la sostanza ma soltanto le proporzioni: una aedes sì, ma più piccola, più umile.
Si chiamavano aedicula anche quei tempietti in cui ci si poteva imbattere camminando per le strade dell’impero, poco più di altari messi lì a presidiare i crocicchi delle vie. Chi per una preghiera di sfuggita, chi per una sosta lungo il viaggio, chi per scambiare due chiacchiere o strappare un’elemosina, le aediculae accoglievano tutti, erano di tutti. Ci si contaminava a vicenda, idee e dicerie volavano di bocca in bocca, le vite si mescolavano. Nessuno era più solo se stesso, fermo a un’aedicula.
Duemila anni più tardi qualcosa, di questo, ancora sopravvive. I chioschi che popolano le nostre città forse non sono più piccoli templi a cui affidare un voto, ma nella mano che allunga il giornale o nel “buongiorno” dalla vetrina tappezzata di riviste sono ancora tante le persone che ritrovano un frammento di quotidianità, di quella trama di umili ma vitali rituali che ci fa sentire autentici. Gli incontri, le chiacchiere, il profumo della carta stampata: nessuno è più solo se stesso, fermo in edicola.
Questa è la storia che racconta la nostra “A”, questo è quello che vuole essere Aedicola Lambrate.
E da dove iniziare, se non dal 25 aprile?
Un’edicola vestita con la Costituzione Italiana. Non è un gioco di parole, l’abbiamo fatto davvero: 800 copie del testo più importante della nostra Repubblica hanno fatto capolino su scaffali e vetrine, dentro e fuori. Un coup de théâtre, un’illuminazione. Saranno troppe? Poco importa, il valore sta nel gesto. Aprire i battenti è tornare a esistere, ed esistere è già di per sé un resistere. Non abbiamo trovato modo migliore di celebrare il nostro 25 aprile.
Ne parliamo sui social, invitiamo le persone, facciamo venire l’acquolina in bocca a qualche giornale. La sera prima ci arrivano richieste di prenotazione da tutta Italia, sulla chat Whatsapp dell’Aedicola Paolo Iabichino riassume il pensiero di tutti con un “Ma sta succedendo sul serio?”.
Non era un sogno: quella mattina, quella del 25, ci siamo svegliati, e con noi un quartiere intero.
In tre ore più di 500 Costituzioni sono passate di mano in mano, comprate dagli uni e regalate agli altri: figli, nipoti, mogli e mariti con la propria copia sotto il braccio. Sembrava che l’Aedicola fosse l’unico posto in cui si potesse ancora trovare, la Costituzione. A metà mattinata il capannello di gente che circonda il chiosco fa il vuoto attorno a qualcuno, il microfono già alla bocca: Gherardo Colombo. Parla con parsimonia e misurando le parole, dando loro il peso delle grandi occasioni, mentre in strada si è fatto silenzio. Qualcuno si è affacciato alla finestra.
“Mi piace riprendere le parole di Piero Calamandrei: “La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile”. Ecco, il combustibile siamo noi, noi siamo le gambe della Costituzione. Un’iniziativa come questa è importante, perché il modo migliore di fare cultura è facendo vedere che si può fare”.
Arrivano le 13, in tanti iniziano a spostarsi verso Porta Venezia per partecipare al corteo, come ogni 25 aprile. Noi, la nostra Resistenza, l’abbiamo fatta sul posto, in via Conte Rosso. Non l’abbiamo gridata, niente slogan o inni. Semplicemente, c’eravamo. C’era l’Aedicola. E c’erano le persone, centinaia di persone: da chi si è fermato in fretta e furia per un saluto a chi è rimasto per due chiacchiere che poi sono diventate tre o quattro, fino a chi ci ha aiutato a sparecchiare il marciapiede e rimettere i lucchetti al loro posto.
Ci si è contaminati a vicenda, le idee sono volate di bocca in bocca, le vite mescolate: nessuno è stato solo se stesso, di fronte all’Aedicola.
E così, non sono stati i cuoricini sui social a cucirci addosso tutto l’affetto e il supporto che le persone, compresi voi che state leggendo, stanno dimostrando per il nostro progetto. È bastata una mattinata in strada, insieme. Abbiamo fatto indigestione di belle parole e gesti concreti per il futuro dell’Aedicola, tanto che ci si è accesa una lampadina: perché non avviare una campagna di raccolta fondi? Di quelle semplici, a donazione libera, perché nessun contributo è mai troppo piccolo per fare la differenza. Il 25 aprile ci ha dimostrato che Aedicola Lambrate può essere una grande cosa e, come scriveva Milan Kundera, “quando accadono grandi cose non si deve disertare”.
Alessandro Ghidini, l’Aedicolante
Prossimi appuntamenti
Venerdì 3 maggio, dalle 12:45 alle 14:00
I “Poveri ma Belli” di Radio Popolare verranno a trovarci in Aedicola per una puntata speciale della trasmissione in diretta dal marciapiede di via Conte Rosso. Insieme a quei due bravi ragazzi di Disma Pestalozza e Alessandro Diegoli, racconteremo la nostra storia fin dal primo capitolo, sveleremo la data di apertura ufficiale e soprattutto daremo voce a chi, il quartiere, lo vive tutti i giorni.